Nel vano tentativo di mettere a frutto questo tempo, dato che purtroppo, nonostante il geniale spunto offerto da "Il dittatore dello stato libero di Bananas", non hanno ancora inventato la palestra da ufficio (cfr.foto), cercherò di scrivere la lettera di motivazione per l'Università di Lille.
Prima però, vorrei fare delle piccole precisazioni sul post precedente, perchè ieri, parlando con Grazia, ho avuto delle risposte più soddisfacenti alle mie domande, nonchè delle precisazioni importanti riguardo ad alcune delle questioni che la mia mente aveva, non troppo approfonditamente affrontato.In primo luogo una correzione: Grazia mi ha fatto notare che quella che io ho chiamato mafia "ufficiosa" non è solamente quella dei politici, ma è dappertutto (nel sistema economico in primis, ma qui mi fermo perchè ci vorrebbe un blog solo per questo).
In secondo luogo, molto più importante, stare ad ascoltare Grazia ieri ha gettato una nuova luce sull'importanza del lavoro di tutte quelle persone che, come lei e come Travaglio, cercano di conservare e trasmettere la libertà. Parlandomi del suo lavoro, mi ha detto che nei primi tempi era rimasta stupita e sconvolta dal fatto che tutte le persone che andavano da lei avessero lo stesso problema di incapacità a gestire la propria vita, poi col tempo aveva capito e si era abituata all'idea che questa condizione di schiavitù mentale è in realtà quella della maggior parte delle persone.
Tuttavia, quello che lei può fare è solo lavorare sul singolo, trasmettere quello che sa, insegnare a essere liberi a ciascun individuo singolarmente, "non possiamo più sperare nei grandi movimenti". L'unica cosa che possiamo fare, ha detto, è continuare a conservare certi valori, le opere e i traguardi dei grandi, trasmetterli alle persone che sono disposte ad accoglierli, anche se sono un numero ristretto.
I cambiamenti non arriveranno presto. Ma quando finalmente arriveranno, quelli che verranno dopo di noi avranno di che "nutrirsi", qualcosa da cui ripartire che noi avremo aiutato a conservare.
Sentendo quelle parole, guardandola cucinare le verdure coltivate nel suo orto, ho capito la forza di questa donna e la grandezza del suo operato, ho capito che una rivoluzione non necessita per forza di piazze, di grandi numeri e di azioni eclatanti, ma si può fare anche stando seduti in una cucina insegnando a riscoprire il valore del lavoro manuale o in un teatro raccontando notizie che nessuno ha il coraggio di dare.
E finchè anche solo una persona sarà cambiata questo lavoro non sarà stato sprecato.
2 commenti:
sono d'accordo. un saluto anche al blog.
molto giusta la ragazza, molto vera, e perfettamente d'accordo con lei. Ma anche se i movimenti e le piazze possono fare ben poco nel lungo termine, almeno possono ammorbidire il presente ed il futuro prossimo.
Si spera.
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