domenica 29 giugno 2008

Pro Forma

Se ci fosse un premio nobel per la solitudine credo che, escludendo Giacomo Leopardi il quale, pace all'anima sua, è ormai fuori gara, potrei essere una dei candidati favoriti e più adatti a riceverlo, soprattutto dopo la mia performance di ieri sera al compleanno di M. (a.k.a. "la mia migliore amica", come continuo a chiamarla forse più per fedeltà d'intenti che per vero reciproco attaccamento).
Sarà difficile superare o anche solo eguagliare i livello di "tappezzerismo", se mi è concesso il termine, da me raggiunto ieri sera alla festa della già citata M. e di C., svoltasi nella pineta di Montecerreto. Mi chiedo se sia poi corretto usare l'espressione "fare da tappezzeria" riferendosi ad una festa in un bosco; forse sarebbe più giusto dire "fare da sottobosco", "fare da vegetazione", "fare da manto erboso", o quant'altro. Resta il fatto che nelle 8 ore passate in quella radura, dalle 22 alle 6 circa, devo aver pronunciato qualcosa come 20 frasi in tutto, realizzando il risultato di un discorso di 2 minuti ogni ora circa.
Il resto del tempo l'ho passato rannicchiata o stesa su una coperta, osservando alternativamente il fuoco o le persone che vi erano radunate intorno, ascoltando i loro discorsi, osservandone i visi e i movimenti, ogni tanto accettando le canne che mi venivano passate, giusto per mantenere a livello costante quella quiete apatica trasmessami dalla location e dal calore del falò.
In effetti, per la maggior parte del tempo, nonostante fossi consapevole che della mia palese asocialità e immobilità, non ho sentito nulla di più del normale senso di inadeguatezza che da sempre provo in situazioni come queste. Voglio dire, ovviamente avevo quella sensazione da barbone catapultato ad una festa a Buckingham Palace del genere "cosa diamine ci faccio qui?", ma forse per merito del buio e delle condizioni del luogo, non mi sentivo così a disagio da voler fuggire a gambe levate o dover per forza fare qualcosa per ovviare alla situazione, (almeno non per le prime 5o 6 ore). Per questo non ho nemmeno ripiegato su una eventuale ebbrezza che avrebbe potuto agevolare le relazioni sociali,ed ho preferito lasciare agli altri alcool e droghe.
Il che non significa che fossi contenta di starmene lì da sola a galleggiare nel vuoto sociale della mia serata sammarinese, anzi per la verità ho continuato a sperare che qualcuno si avvicinasse per fare due chiacchere, anzi una vera conversazione, ma i rari scambi di parole che ho avuto l'opportunità di fare si sono spenti assai brevemente, in parte a causa della incapacità di trovare una qualsiasi futile domanda da porre o osservazione da fare al mio interlocutore. Ad un certo punto della serata, F. mi ha visto stesa in un angolo e mi ha fatto segno di avvicinarmi a lui, mi ha chiesto come andava, mi ha chiesto che faccio in questo periodo e non si è scoraggiato nemmeno davanti alla mia laconica risposta "mi annoio", continuando a farmi qualche domanda e a sorridermi benevolo. Eppure io non sono nemmeno stata capace di cogliere questa ancora di affettuosa cordialità, che avrebbe potuto salvarmi dal mio naufragare nel mare della solitudine. Per timidezza, per paura, perchè dopo ore passate nell'isolamento iniziavo ormai a intristirmi e non avevo più voglia di chiacchere passatempo, ma avrei voluto parlare di quanto mi sentivo estranea e triste.
Sì, perchè alla fine, anche se fin dal momento in cui avevo accettato di andare alla festa sapevo che sarebbe finita così, non potevo che riscontrare con desolazione quanto le mie previsioni, già poco ottimistiche, fossero comunque state più rosee della buia realtà e decine di domande e constatazioni avevano cominciato a girarmi in testa.
Di queste, alcuni erano quesiti che mi ero già posta mille altre volte tipo "smetterò mai di essere così timida?", "perchè conosco questa gente da almeno 7-8 anni e non ci ho mai fatto amicizia?", "sono loro che sono troppo frivoli per me o io che sono troppo seria?", "sono loro il problema sono io che sono troppo snob?", "perchè a me queste persone non piacciono e M. si trova così bene con loro?". Quest'ultimo quesito mi aveva infine portato a riflettere sul mio rapporto con M. e a chiedermi se
davvero ha senso dire che lei è la mia migliore amica (ammesso che questa espressione abbia mai avuto senso alcuno), quali sono le basi per affermare ciò? Non ci sentiamo mai, non abbiamo bisogno l'una dell'altra, non parliamo nemmeno più molto dei nostri problemi, sembriamo non avere neppure più niente in comune, se non la nostra amicizia fatta più di passato che di presente. Lei stessa durante la serata, mi si è seduta accanto un attimo e guardandomi mi ha detto "Giuly...la mia più vecchia amica", ecco la definizione perfetta, la qualità che mi contraddistingue dalle altre, l'unico "di più" che ho rispetto a loro è un vantaggio di tipo temporale, una superiorità esclusivamente quantitativa e non qualitativa.
E non ho potuto fare a meno di chiedermi se davvero la nostra amicizia esistesse ancora o non fosse solo un altro dei rapporti che piano piano mi erano scivolati via dalle mani, portati via dal tempo come tanti altri. Come quelli con Camilla ed Elisa che pure erano presenti alla festa e che erano state le mie più care amiche ai tempi delle elementari e delle medie, per poi diventare astio e rancore ai tempi delle superiori e di nuovo tornare ad una cordiale socievolezza di incontri fortuiti passati gli anni dell'adolescenza. Avevo perso così anche l'ultima delle mie amicizie di lunga data?

Oggi, mentre scrivo queste parole e ne affronto per la prima volta il significato che tanto mi spaventa, capisco che tengo più al fatto di poter dire a mè stessa che ho un'amica da tanti anni, che a coltivare davvero quell'amicizia, ora capisco che quella definizione sciocca e priva di senso, "migliore amica", è per me come una sorta di attestato che certifica il fatto che so "tenermi degli amici", una sorta di salvacoscienza che, come qualunque diploma io abbia ottenuto finora, nasconde dietro un puro valore formale un vuoto abisso sostanziale.
Esattamente come a scuola ho imparato presto a preoccuparmi esclusivamente dei voti e non di quello che davvero avevo imparato, così come credevo che solo i numeri potessero provare la mia bravura, il mio valore al mondo, così ho fatto con le amicizie, una volta riempita una voce dell'agenda, non mi sono data pensiero di dare spessore al rapporto con le persone, trattandole come soli riempitempo o valvole di sfogo.
Ancora una volta la mia dimostra essere solo apparenza e non sostanza.

E oggi, in mezzo ai mille timori, fra cui quello di non fare alcuna amicizia ad Avignone, il pensiero che più mi inquieta è pensare che io sia superficiale nei rapporti così come nei miei studi, e che mi annoi delle persone così come mi accade con le cose...

mercoledì 25 giugno 2008

mi chiedo:

mi chiedo perchè non posso avere dei genitori che mi apprezzino come tutti gli altri
mi chiedo perchè non posso avere dei genitori che gioiscano con me dei miei traguardi come tutti gli altri
mi chiedo perchè non posso avere dei genitori che mi vedano e mi sentano, come tutti gli altri
mi chiedo perchè qualunque cosa faccia sia sempre sbagliata
mi chiedo quando ho iniziato a sbagliare tutto
mi chiedo quando l'amore che mio padre provava per me si è trasformato in odio o in indifferenza
mi chiedo quando diventerò immune a tutto questo
mi chiedo se mai diventerò immune a tutto questo


piango:

piango perchè trovo ingiusto che io non possa avere dei genitori
piango perchè trovo ingiusto sapere che tutto questo è colpa loro e loro pensaranno per tutta la vita che è colpa mia
piango perchè la verità non serve a niente
piango perchè sono comunque sola
piango perchè sono debole
piango perchè non potrò mai farli soffrire quanto loro hanno fatto soffrire me
piango perchè sono costretta ad odiare i miei genitori
piango perchè di Genitori in fondo non ne ho...

lunedì 23 giugno 2008

Noia

In verità dovrei mettere a frutto questo tempo libero, leggendo magari il libro che ho nella borsa, dato che il ritmo dei miei consumi letterari è vertiginosamene rallentato negli ultimi 4 mesi, e dato che si suppone che la lettura sia il mio passatempo preferito.
In verità potrei utilizzare la rete in modi più utili che, aprire mille volte la pagina facebook, per vedere se c'è qualche nuovo commento o qualcuno in linea con cui chiaccherare, e in maniera più educativa che soddisfare la mia, neppure troppo latente, natura voyeristica, leggendo e spulciando blog e flickr altrui, pensando "quanto-vorrei-essere-carina-e-cool-come-quelle-giovani-indie-fashion-milanesi-arty-girl" o quanto mi piacerebbe che la mia vita assomigliasse e qualsiasi altra vita che quelle pagine sembrano documentare.
In verità potrei anche scrivere che, a quanto pare, hanno selezionato il mio dossier e che, salvo ulteriori incidenti, gag di cattivo gusto del destino, incompetenze burocratico-francesi, mercoledì pomeriggio dovrei avere un colloquio telefonico con l'università di Avignone, cosa che dovrebbe successivamente portare, nella più ottimistica delle ipotesi che non è da me fare, ad una definitiva ammissione al Master in "Strategie du developpement culturel".

In verità dovrei/potrei fare un sacco di cose, ma la noia, che ha fatto la fortuna di tanti artisti, invece di spingermi a mettere a frutto una possibile potenziale e nascosta creatività (almeno a quanto dice il test di facebook "how cerative are you"), come il caldo umido e appiccicoso di fuori, non fa altro che annullare qualsiasi impulso e capacità di agire, abbandonandomi in una apatia da siesta mentale e fisica.
E dire che ho sempre pensato che una volta avessi svesso di essere oberata dall'università, lavoro eccetera, finalemente sarebbe sbocciato il lato artistico della mia personalità...
forse il problema è che per sbocciare c'è bisogno della primavera, e a giudacare dal mio letargo mentale, dentro di me è ancora inverno...

giovedì 12 giugno 2008

Le ragazze sono tornate

Ieri sera finalemente sono andata al cinema a vedere il film di Sex and The City. Non ho messo i tacchi alti e nemmeno il mio vestito migliore, ma ci sono andata con le due persone con cui ho condiviso questa dipendenza mediatica Gabri e la Meris.

Chiaramente, come ci aspettavamo,il film è stato decisamente meno bello del telefilm, ma non posso dire che mi abbia deluso perchè del resto sono andata lì già sapendo che darebbe stata una commediola del cacchio assolutmente non all'altezza.
Del resto anche le ultime puntate della serie si erano ormai pienamente avviate verso il romanticismo, il clichè "amore-sentimento-redenzione-maturità-felicità", tant'è che aveva finito per contraddire tutto il messaggio che sembrava voler lanciare inizialmente, cioè che le donne possono avere aspirazioni diverse da marito-figli-casa, che non è necessario sposarsi per forza, ecc. ecc. ecc..
Beh insomma, alla fine sembra che tutte le protagoniste, (salvo la mitica Samantha che alla fine torna ad essere la rampante single mangiauomini di sempre) sognino quello che sogna la yuppie-tradizionalista-donna-delle-pubblicità-anni-50 Charlotte, solo che lo danno meno a vedere.
Con questo non voglio bandire l'amore e il romanticismo (io per prima mi sono commossa ben due volte, a dimostrare che in fondo in fondo le favole col principe azzurro sono radicate in me più di quanto io non voglia), dico solo che col passare delle puntate e con il "maturare" delle protagoniste, SATC ha perso un po' di quella spregiudicatezza e irriverenza che lo contraddistinguevano e che lo hanno portato al successo.

Anche la trama, limitata ovviamente dal fatto che ormai le quattro sono tutte accoppiate e non vanno più a caccia dell'anima gemella, è alquanto scarna, insomma non si capisce come in più di due ore di film, riescano a succedere così poche cose e ci siano così poche situazioni comiche e battute spiritose, tuttavia, fra un cambio d'abito e l'altro il film scorre vi abbastanza facilmente, e chi come me guardava la serie in buona parte anche per vedere gli outfit di Carrie e delle ragazze, ha di che consumarsi gli occhi.
Effettivamente, se un merito si può dare al film è quello di far venire, in quelle (o quelli) sensibili a questo aspetto, una gran voglia di shopping, cosa che non è affatto un bene se non si hanno a disposizione portafogli stragonfi. Perchè diciamoci la verità, anche se la catena svedese ci piace da morire, tornare a casa con una misera bustina di H&M di Bologna e un paio di ballerine comprate alla montagnola, non fa lo stesso effetto che uscire da un negozio di Manolo Blanhik del centro di N.Y.

Dopo tutte queste critiche, verrebbe da chiedersi come mai allora persone che (come me) dicono di detestare le commediole glassate di romanticismo da blockbuster holliwoodiano, si siano fiondate al cinema appena uscito questo film, mentre si sono perse film come Into the wild, Gomorra o il Divo. No non è per ipocrisia.
Il fatto è che, oltre ad essere un telefilm intelligente, ironico, "glamourous" SATC ha un forte potere di fidelizzazione, insomma, dopo avere seguito le vicende di queste quattre donne, avere memorizzato i loro modi di dire, imparato quali sono le loro ossessioni e tic, i loro pregi e i loro difetti, ti sembra di conoscerle personalmente, insomma, mai come in Sex & the City, funziona la magica illusione di quella che i mass mediologi chiamano l'"intimità despazializzata".
E il piacere, andando al cinema o sentendo il trailer alla tv che ti dice "le ragazze sono tornate", è lo stesso che si prova a rivedere delle amiche dopo lungo tempo.

lunedì 2 giugno 2008

Sospensione

...e c'è questa sorta di aria fresca che soffia delicata
che assomiglia un po' al grigio del tempo fuori
che assomiglia un po' al silenzio del telefono
che assomiglia un po' al sonno che sta nascosto dentro ai miei occhi
che assomiglia un po' alla noia dell'ufficio
che assomiglia un po' a un vecchio blog su Parigi letto due anni dopo
che assomiglia a un po' prima della pioggia, o a un po' dopo...

...come una stasi di spirali di fumo che si dissolvono piano...